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La grezzata prospettica (tipo sostegno torre di Pisa) messa qui solo per dare al post su Facebook una dimensione ridicola |
Anche nella zona di Piccadilly è frequente assistere al passaggio di grossi camion da trasporto merci che si mescolano con i bus a due piani ed i taxi.
A proposito di taxi, qui Uber è diffusissimo. Se lo sai non puoi non notare un numero sospetto di Toyota Avensis ibride, tipicamente nere e guidate da persone dall'aspetto indiano, si accodano senza screzi ai tradizionali black cabs. Funziona che con un app sul cellulare individui il più vicino e fai la richiesta dichiarando la destinazione. Puoi scegliere tra quattro tipi di macchina, dalla Avensis alla Mercedes serie S e ti vengono a prendere inviandoti subito una stima della spesa che dovrai affrontare, scalandola direttamente dalla tua carta di credito.
La tariffa è conveniente, rispetto ad un taxi normale che già di suo, essendo a Londra costa un decimo di un taxi milanese.
Un sonoro vaffanculo quindi ai tassisti milanesi (e italiani in genere) che, magari vessati dal vizio tutto italiano di concedere licenze a pagamento anche per ... non dico cosa, fanno la parte dei monopolisti e, per contrastare la modernità della concorrenza scioperano e arrivano a picchiare gli autisti di Uber.
Forse se pagassero di più le tasse, loro e tutta un'altra serie di categorie di parassiti fiscali, non ci sarebbe bisogno di vessarli con burocratismi opprimenti.
Forse, in quel caso, saremmo tutti un po' più normali, ma questa è una storia difficile e non si addice ad un blog di viaggio.
Enrico che, ovviamente, praticante della modernità più spinta qui ne fa sempre uso (soprattutto quando torna tardi la notte) mi racconta che, a Milano, se chiami una macchina di Uber ti chiedono di salire davanti assieme a loro per mimetizzarsi e passare inosservati davanti agli occhi minacciosi dei probabili evasori monopolisti.
Anche noi usciamo presto stamattina.
Ho trovato che dei tre o quattro dipinti di Bansky che non sono stati ancora cancellati o ricoperti, uno è dalle parti di Canary Wharf, dove lavora Enri.
Ci mettiamo così d'accordo di fare colazione assieme su da lui, al 34-mo piano della sua sede verso le 11.
Prima però ci addentriamo in un quartiere popolare, abitato per lo più da arabi, dove a Chrisp Street, dentro un cortile un po' sgarruppato, resiste ancora un graffito di un ometto che si stupisce del suo rubinetto che inizia a squillare come un telefono.
Non resisto alla tentazione di tirarmi su il cappuccio e di fingere di essere l'artista facendomi ritrarre nella posa di imbrattare (magari ne fossi capace) il muro.
Luca, whatsappato con la foto, ci casca subito e mi chiede, tutto curioso, ma è davvero lui?
Ma, Luca, ti pare possibile? E poi, non dovresti essere a scuola?
La colazione con vista sull'O2, una supermoderna arena coperta dove si tengono i concerti più frequentati, scorre veloce anche perché Enri è curioso di sapere come è stato accolto il lavoro che ha finito poco più di 5 ore fa. Ci salutiamo con un abbraccio ed un immancabile selfie, sapendo che tanto ci vedremo abbastanza presto a Milano, all'inizio di aprile.
La prossima meta è Hyde Park. Lo raggiungiamo passeggiando un po' in Oxford Street, la via forse più commerciale di Londra. Caschiamo dentro solo ad un Urban Outfitters identico a quelli di San Francisco, pieno di vinili e giradischi portatili finto anni '70.
Ad Hyde Park la sosta è breve. La parte est è tutta in rifacimento. In pratica stanno srotolando centinaia di metri di manto erboso per rifare tutto il fondo. Considerate le dimensioni del parco che è veramente immenso, ci vorranno anni per ricambiare tutto il tappeto.
Seconda tappa da Harrods, dove la confusione, anche se è lunedì, ci spinge a chiudere in fretta l'esperienza dopo aver comprato una borsa per la Vale, unico acquisto alla nostra portata in un posto, come questo, che sembra vendere solo merci esclusive.
Quando i morsi della fame iniziano a non lasciare scampo (stamattina niente Bill's...) ci dirigiamo verso Old Brompton Road, South Kensington, dove ci aspetta l'hamburger di Byron che ci ha consigliato Enrico.
Un tragitto che sembra infinito, ma assolutamente ripagato dalla soddisfazione dei nachos e, soprattutto del B-Rex (Byronsaurus Rex) un hamburger pieno di schifezze di qualità.
Anche la birra Byron che ti servono in lattina non è male.
Le ultime due tappe di questa giornata senza mete altisonanti, sono davanti ad altri due residuati di Bansky.
Uno, sulla facciata di un palazzo dimesso e disabitato, in Bruton Lane, dalle parti di Hyde Park rappresenta una ragazza che rovescia il carrello della spesa ed è talmente in alto che sfido chiunque a cancellarlo.
L'altro è ad altezza d'uomo, ma è protetto da una lamina di perspex trasparente. E' in Clipstone Street, praticamente a due passi da Bolsover Street dove ho trascorso, nel collegio in cui abitava Laura, la mia prima vacanza londinese. Era il 1981 e non sapevo allora una parola di inglese. Ho dei ricordi da pelle d'oca di episodi in cui, da solo, ho dovuto (o voluto) affrontare un dialogo con la gente di qui (che, anche se straniera, l'inglese lo sapeva...)
La saga del papà Bansky ovviamente si è ripetuta anche davanti a queste due opere.
Stasera, ultima cena a Londra. Se le forze ci sorreggono l'intenzione è libanese. Vedremo se il suggerimento di Enrico si rivelerà azzeccato.
A proposito: ieri sera, la pizzeria Sartori qui vicino (15, Great Newport Street) ci ha deluso solo per il nome (che non ha niente a che vedere con il cognome veronese, anzi è un napoletanissimo omaggio alla S di San Gennaro).
Per il resto (a parte il costo) la pizza era buona ed anche l'accoglienza tutta italiana.
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