Translate

martedì 24 marzo 2015

L'abbraccio di una mamma

Sulle note indie di Bird Eyes di Nuria Graham, il disco acquistato da Rough Trade in Brick Lane, note soffici ed avvolgenti come l'abbraccio di una mamma ancora giovane, si chiude questa breve parentesi londinese. 


Domani riprende la vita mila-veronese con le sue mille e, a volte, laceranti trazioni. 

Il sapore di questo tuffo in quella che avverti essere la culla della cultura moderna è intriso di sensazioni paterne prima di tutto.  
Sfiorare per poche ore la vita di un Enrico ormai adulto ed indipendente, ma sempre alla ricerca dei suoi puntelli materni e paterni,  è stato profondamente intenso.

Vederlo così contento, anche se stanco per i ritmi che più che una banca sembra una miniera, saperlo appagato e fiero di quanto sta facendo e, ancor di più, consapevole di quello a cui, per adesso, rinuncia,  mi ha messo in pace con la paura che avevo di trovarlo un po' stonato.

Bravo Enrico!

Lo so che sarebbe meglio non sbandierare al mondo quanto siamo tutti contenti per te. 
Sarebbe più moderato, misurato, diciamo così, racchiudere nel privato queste emozioni, ma, per una volta, chissenefrega. 
Lasciatemi fare il writer clandestino che imbratta questo spazio con uno scritto controcorrente. 
Magari, tra vent'anni (o giù di lì) sarà normale che tutti sbandierino in piazze virtuali le cose belle ed anche un po' private della vita. Lo faccio solo un po' in anticipo, e, per oggi, mi va bene così.

Poi, questa musica in sottofondo mi impedisce di ragionare bene e mi trasporta senza ritegno in questa voglia di spiegare perché sono così contento di averti visto così bene inserito nella culla di questo mondo moderno che capisci che è la mamma di tutte le New York, Chicago, Sidney e San Francisco cosi affascinanti, ma al tempo stesso sbiadite copie di questo originale. 

lunedì 23 marzo 2015

Papà Bansky

Il lunedì mattina la vita di Londra riprende con ritmi e forme meno turistiche.


La grezzata prospettica (tipo sostegno torre di Pisa) messa qui solo per dare al post su Facebook una dimensione ridicola

Anche nella zona di Piccadilly è frequente assistere al passaggio di grossi camion da trasporto merci che si mescolano con i bus a due piani ed i taxi.
A proposito di taxi, qui Uber è diffusissimo. Se lo sai non puoi non notare un numero sospetto di Toyota Avensis ibride, tipicamente nere e guidate da persone dall'aspetto indiano, si accodano senza screzi ai tradizionali black cabs. Funziona che con un app sul cellulare individui il più vicino e fai la richiesta dichiarando la destinazione. Puoi scegliere tra quattro tipi di macchina, dalla Avensis alla Mercedes serie S e ti vengono a prendere inviandoti subito una stima della spesa che dovrai affrontare, scalandola direttamente dalla tua carta di credito.
La tariffa è conveniente, rispetto ad un taxi normale che già di suo, essendo a Londra costa un decimo di un taxi milanese.

Un sonoro vaffanculo quindi ai tassisti milanesi (e italiani in genere) che, magari vessati dal vizio tutto italiano di concedere licenze a pagamento anche per ... non dico cosa, fanno la parte dei monopolisti e, per contrastare la modernità della concorrenza scioperano e arrivano a picchiare gli autisti di Uber.
Forse se pagassero di più le tasse, loro e tutta un'altra serie di categorie di parassiti fiscali, non ci sarebbe bisogno di vessarli con burocratismi opprimenti. 
Forse, in quel caso, saremmo tutti un po' più normali, ma questa è una storia difficile e non si addice ad un blog di viaggio.

Enrico che, ovviamente, praticante della modernità più spinta qui ne fa sempre uso (soprattutto quando torna tardi la notte) mi racconta che, a Milano, se chiami una macchina di Uber ti chiedono di salire davanti assieme a loro per mimetizzarsi e passare inosservati davanti agli occhi minacciosi dei probabili evasori monopolisti.

Anche noi usciamo presto stamattina.

Ho trovato che dei tre o quattro dipinti di Bansky che non sono stati ancora cancellati o ricoperti, uno è dalle parti di Canary Wharf, dove lavora Enri.



Ci mettiamo così d'accordo di fare colazione assieme su da lui, al 34-mo piano della sua sede verso le 11.
Prima però ci addentriamo in un quartiere popolare, abitato per lo più da arabi, dove a Chrisp Street, dentro un cortile un po' sgarruppato, resiste ancora un graffito di un ometto che si stupisce del suo rubinetto che inizia a squillare come un telefono.

Non resisto alla tentazione di tirarmi su il cappuccio e di fingere di essere l'artista facendomi ritrarre nella posa di imbrattare (magari ne fossi capace) il muro. 

Luca, whatsappato con la foto, ci casca subito e mi chiede, tutto curioso, ma è davvero lui?
Ma, Luca, ti pare possibile? E poi, non dovresti essere a scuola?

La colazione con vista sull'O2, una supermoderna arena coperta dove si tengono i concerti più frequentati, scorre veloce anche perché Enri è curioso di sapere come è stato accolto il lavoro che ha finito poco più di 5 ore fa. Ci salutiamo con un abbraccio ed un immancabile selfie, sapendo che tanto ci vedremo abbastanza presto a Milano, all'inizio di aprile.

La prossima meta è Hyde Park. Lo raggiungiamo passeggiando un po' in Oxford Street, la via forse più commerciale di Londra. Caschiamo dentro solo ad un Urban Outfitters identico a quelli di San Francisco, pieno di vinili e giradischi portatili finto anni '70.

Ad Hyde Park la sosta è breve. La parte est è tutta in rifacimento. In pratica stanno srotolando centinaia di metri di manto erboso per rifare tutto il fondo. Considerate le dimensioni del parco che è veramente immenso, ci vorranno anni per ricambiare tutto il tappeto.



Seconda tappa da Harrods, dove la confusione, anche se è lunedì, ci spinge a chiudere in fretta l'esperienza dopo aver comprato una borsa per la Vale, unico acquisto alla nostra portata in un posto, come questo, che sembra vendere solo merci esclusive.

Quando i morsi della fame iniziano a non lasciare scampo (stamattina niente Bill's...) ci dirigiamo verso Old Brompton Road, South Kensington, dove ci aspetta l'hamburger di Byron che ci ha consigliato Enrico.

Un tragitto che sembra infinito, ma assolutamente ripagato dalla soddisfazione dei nachos e, soprattutto del B-Rex (Byronsaurus Rex) un hamburger pieno di schifezze di qualità.
Anche la birra Byron che ti servono in lattina non è male.


Le ultime due tappe di questa giornata senza mete altisonanti, sono davanti ad altri due residuati di Bansky.

Uno, sulla facciata di un palazzo dimesso e disabitato, in Bruton Lane, dalle parti di Hyde Park rappresenta una ragazza che rovescia il carrello della spesa ed è talmente in alto che sfido chiunque a cancellarlo.

L'altro è ad altezza d'uomo, ma è protetto da una lamina di perspex trasparente. E' in Clipstone Street, praticamente a due passi da Bolsover Street dove ho trascorso, nel collegio in cui abitava Laura, la mia prima vacanza londinese. Era il 1981 e non sapevo allora una parola di inglese. Ho dei ricordi da pelle d'oca di episodi in cui, da solo, ho dovuto (o voluto) affrontare un dialogo con la gente di qui (che, anche se straniera, l'inglese lo sapeva...)




La saga del papà Bansky ovviamente si è ripetuta anche davanti a queste due opere.

Stasera, ultima cena a Londra. Se le forze ci sorreggono l'intenzione è libanese. Vedremo se il suggerimento di Enrico si rivelerà azzeccato.
A proposito: ieri sera, la pizzeria Sartori qui vicino (15, Great Newport Street) ci ha deluso solo per il nome (che non ha niente a che vedere con il cognome veronese, anzi è un napoletanissimo omaggio alla S di San Gennaro).
Per il resto (a parte il costo) la pizza era buona ed anche l'accoglienza tutta italiana. 





  

domenica 22 marzo 2015

Grego5

La colazione di Bill's diventa la nostra buona abitudine per iniziare bene (e con tante calorie) una giornata che decidiamo di spendere nella zona East tra Petticoat Market e Brick Lane, il posto dove Audrey, la street photographer di ieri, ci ha consigliato di andare a vedere i "suoi" murales.







Oggi però niente eggs benedict, ma un più tradizionale scrambled eggs with bacon strips e, per finire, i pancakes con lo sciroppo d'acero e la frutta.



Il locale si riempie piano piano di persone. Molte hanno anche la prenotazione.
I camerieri sono gli stessi di ieri, inclusa la ragazza di colore con un didietro per cui ottengo, vistane la bellezza, la dispensa al commento anche da parte di Elisabetta. 
Sgambettano tra i tavoli, scherzando e ridendo tra di loro. Un bell'ambiente davvero. 

La fermata più vicina alla Brick Lane è Liverpool street. Da lì ci infiliamo dentro il Petticoat Market, un mercatino di bancarelle molto più ruspante e veritiero di Portobello. Sempre le solite cianfrusaglie, ma, almeno in questa zona, i visitatori sembrano gente del posto.

Oddio, parlare di gente del posto a Londra, è un po' un azzardo. 
A volte capita, si, di vedere il tipico personaggio da stereotipo londinese: completo di tweed e calzoni alla zuava che lasciano il posto a colorati calzettoni a quadri. In genere si accompagna ad una signora con capellino a falda larga e cappottino dai colori sgargianti.
Il più delle volte però incontri persone dalle razze più strane e dai vestiti inguardabili per noi italiani. Per non dire dei capelli,  oltre a varie fate turchine o violette, stamattina mi ha colpito un'asiatica dagli occhi a mandorla ed i capelli biondo platinato.

La sensazione di essere attorniati da stranezza, esplode poi una volta a Brick Lane.

La via, lunga un chilometro, delimita una zona un tempo popolata prevalentemente da Bengalesi. 
In effetti, ancor adesso, i nomi delle vie sono scritti anche nel loro incomprensibile alfabeto.

I negozi Vintage, che qui abbondano, mi attraggono da pazzi, ma ho già dato abbastanza. Qui è anche il tempio della musica Indie (che non vuol dire indiana, ma indipendente) e così ci lasciamo  affascinare da un negozio di dischi, Rough Trade, dove acquistiamo un disco di Nuria Graham (www.nuriagraham.com) catturato dal sottofondo, passeggiando tra i vinili.


Nelle strade è facile imbattersi in gruppi musicali o singoli cantanti che non puoi non fermarti ad ascoltare.
In genere sono molto bravi e rapiscono una folla.



A volte sono anche dei veri e propri showman. 
Il chitarrista di un gruppo, i Phantom Limbs, tre signori attempati e scatenati ci saluta amichevolmente sventolando il dito medio!




Tantissimi sono poi i ristoranti ed i locali in cui puoi mangiare cose strane. Davanti ad alcuni di questi, si formano fin da quando arriviamo, code di persone che aspettano pazientemente il turno per sedersi o anche solo per servirsi "take away".
L'odore di cipolle, spezie, carne ed ogni altro cibo saporito, ti avvolge fin da subito e ti stuzzica non poco.
Noi resistiamo però, non tanto per la virtù, ma per il carico di calorie fatto a colazione.

Grazie a questo antidoto, ci tuffiamo alla ricerca delle centinaia di murales con i quali writers più o meno famosi, hanno tappezzato i muri delle case tutto qui attorno.

Alcuni sono molto famosi, come quelli enormi degli animali di Roa in Hanbury Street (www.flickr.com/photos/roagraffiti



oppure gli omini stilizzati di Stik (www.stik.org.uk).



Ce ne sono a decine, alcuni ricordano quelli di Bansky, che non ha lasciato il  segno in questa zona. Domani, forse, andremo a caccia delle sue opere nella zona a nord di Regent Park.

Proprio in fondo ad Hanbury Street, incapucciato come nelle icone, ne scoviamo uno che si firma Grego5 e sta completando una sua opera assistito da un amico. E' quello della foto all'inizio del post. L'ho messo lì perché così diventa l'icona del link condiviso su Facebook. Trucchi del mestiere...

Il ritorno a casa, esausti, prevede una fermata a Covent Garden.
Il distacco tra la nobiltà e l'eleganza della gente che lo popola, anche qui spesso in coda per mangiare in ben più nobili locali, rispetto a quella di Brick Lane è un pugno allo stomaco.

Scappiamo via quasi subito, forse più stanchi che disgustati.

25000 passi tra i murales, sono abbastanza. Se chiudo gli occhi mi sembra di continuare a vederne. Un po' come quando vai in barca che, quando scendi, ti sembra ancora di dondolare...

In coda al post vi rifilo un po' di foto prese a caso da quelle fatte oggi. Son troppo stanco per star lì a far le cose fatte bene, ma ho voglia lo stesso di fissare alcune immagini anche in queste pagine di blog.


















Buona cena Buonuomo...

La cena, da Goodman a Mayfair - 24-26 Maddox Street -  è all'altezza delle aspettative. Un locale caratteristico, raffinato e popolato sia da londinesi in bevuta libera, sia da qualche mezzo turista, come noi, probabilmente arrivato qui spinto dalle buone quotazioni di TripAdvisor. 




Certo, se si vuole spendere poco non è l'ideale, ma tenuto conto del fatto che sei pur sempre a Londra,  dell'ambiente e della qualità del cibo non è andata poi così rovinosamente.

Come starter abbiamo scelto un fegato d'oca con fichi secchi caramellati ed un più tradizionale carpaccio di manzo.
Poi, ci siamo divisi una fiorentina da un chilo, cotta alla perfezione e tenerissima.
Per finire un cheesecake, finalmente all'altezza della tradizione.

Il tempo della cena è stato occasione di riflessione sulla vita londinese di Enrico e sul suo felice momento anche di relazione con gli altri. Ha la fortuna di trovarsi molto bene anche coi compagni di casa e, mentre eravamo a cena, ha ricevuto almeno un paio di inviti per una serata allegra, tutti declinati, più per la stanchezza che per la nostra presenza (che, tanto fra dieci minuti saremo a letto svenuti...). 


Deve essere davvero difficile, per un giovane che vive qui, resistere alle tentazioni del sabato sera. 
Frotte di ragazze semivestite, nonostante il clima non proprio tiepido, barcollano su improbabili trampoli, tutte allegre e forse già ubriache, infilandosi di sovente in speciali bus a due piani che hanno tutto l'aspetto di ospitare feste itineranti.
La notte, poi, soprattutto nella piazza proprio qui sotto (sempre lei Piccadilly Circus) maree di ragazzi, in preda a chissà quale eccitante,  passa il tempo ad urlare come fossero allo stadio.

L'altra notte, in sottofondo, mi sembrava di sentire urlare "forza magica Roma".

Devo ammetterlo, ho pensato: per fortuna che la fontana qui è di ferro...









sabato 21 marzo 2015

Il pullover che hai asciugato tu

Mi sembra impossibile che, per fare colazione in una città come Londra così strapiena di possibilità di mangiare, si debba fare una coda che si snoda fin sul marciapiede fuori dal locale.
E' quello che accade davanti al Breakfast Club di Soho dove Enrico voleva portarci stamattina.

E' riuscito ad arrivare abbastanza presto a casa nostra, vincendo la tentazione di recuperare nel suo letto qualche ora di sonno persa nelle sue maratone in ufficio, e poi, una volta arrivato da noi, quasi capitola sulla morbidezza del nostro letto affacciato sul centro di questo mondo.

A fare la coda per il tavolo non ci penso neanche un momento e, dopo avere dribblato il consiglio del nostro padrone di casa che ci sembra un po' troppo triste (da Bruno, Wardour Street, magari ci passeremo domani) entriamo da Bill's in Brewer Street.

L'interno è un sandwich (non un tramezzino) tra un soffitto post-industriale di condotte d'aria satinate ed un pavimento da rifugio di montagna con le assi di legno grezzo e caldo.
In mezzo, i tavoli sbiancati sono conditi dalla luce calda di paralumi pendenti che si accompagnano ad enormi grappoli di peperoncino.


L'effetto finale è molto soft ed accogliente. Non ci resta che manifestare tutta la nostra comprensione per la gente rimasta in coda al Breakfast Club strafogandoci di succhi, eggs benedicts con salmone affumicato, pancake con frutta e sciroppo d'acero e caffè nero americano.




Prossima tappa sarà la casa di Enrico, anzi la quasi reggia di Enrico, visto che si trova praticamente a 50 metri in linea d'aria da Buckingham Palace.
Ci arriviamo attraversando St. James Park, strapieno di gente e di uccelli di tutti i tipi. Ci sono persino i pellicani, eredi ancora presenti di un dono del Re di Russia nel lontano 1600.
Farsi largo tra la massa di gente, per lo più spagnoli, che sta sfollando dopo il cambio della guardia è quasi un'impresa.


La casa di Enrico, pardon, la reggia, è veramente molto bella.
Appena rimodernata, è arredata molto bene e, tenuto conto che è abitata da 4 ragazzi che non hanno nemmeno il tempo di vivere, sembra proprio tenuta bene.

Questo vivere senza una vera e propria routine domestica (son tutti e quattro qui che lavorano come matti e non sono mai a casa) non permette certo di allenare qualità da casalinga.
E' così che Enrico ci mostra come è uscito il suo maglione preferito, comprato in gennaio, dopo un inopportuno incontro con la asciugatrice.


Sempre meglio di come è ridotto quello che indossa oggi, dopo lo scontro... con il caffè del Bill's Restaurant.
Quando, osservandolo stravaccato sulla poltrona, me ne accorgo, scoppio a ridere pensando a come, con Luca, lo prendiamo in giro per le sue immancabili patacche. Per chiarire subito, non che Luca ed io siamo meglio, anzi. Ma oggi è il turno di Re Enrico!



La nostra giornata si divide qui: lui va in ufficio, Eli ed io verso Portobello.
Ci salutiamo sulle opposte banchine della metro fotografandoci a vicenda.

Abbiamo appuntamento stasera per una sessione di test, carnivora stavolta, dei ristoranti londinesi.


A Portobello Road un fiume di gente si snoda tra i negozi e le bancarelle lungo la strada.
In prevalenza espongono chincaglieria di nessun pregio o oggetti di modernariato senza valore, come vecchie macchine fotografiche che vanno dalle  Polaroid anni '70 (chissà dove trovi più le loro pellicole) alle russe Practika o Zenith. Non potendo apprezzare i  banchi che vendono improbabili pellicce o ridicoli vestiti usati, la cosa più bella è invece osservare la stravagante varietà dei venditori. Un peccato non avere con me il teleobiettivo. Ne sarebbe venuto fuori un campionario interessante.
Fanno eccezione alcuni stand che vendono giornali o dischi vintage ed un paio di posti dove vendono stampe antiche (abbocchiamo per 24 pound con una stampa del nord Italia del 1824) ed il banco di una ragazza che espone le sue foto di murales fatte a Londra, Brighton e Parigi. Anche qui abbocchiamo e ci portiamo a casa una bella foto del murale "Kissing Coppers" fatta da Bansky a Brighton.



Dopo avercela venduta (per la verità non solo quella) la ragazza, Audrey Nahmias (www.audreynahmias.com) ci rivela dove trovare dei murales interessanti a Londra. Ecco che si delinea chiara un'altra meta per domani. Chissà se riusciremo a battere il record dei quasi 27.000 passi fatti ieri ed oggi!

Per non lasciare la giornata senza un vero tocco culturale spendiamo le ultime energie al British Museum.
Prima però, una breve sosta in uno Starbucks lì vicino ci permette di scoprire il rifugio primaverile di Babbo Natale. Sdraiato, pancia all'aria, su una poltroncina vicino alla vetrina, il vecchio donaiolo (con una n sola) si riposa mimetizzandosi tra gli hipster che passano le giornate qui sfruttando il wifi gratuito.
La foto di babbo natale è sfuocata perché è fatta con l'iPhone al visore della mia reflex (dalla quale non riesco a scaricare le foto)

Al British, voliamo leggiadri tra le sale piene di gente e di cimeli straordinari. Ancor di più delle mummie, i bassorilievi degli Assiri  riescono a darci la scossa per tenerci in piedi. Sono uno spettacolo di precisione e, proprio i dettagli che, in parte, mantengono ancora le tracce dei colori originali, sono la cosa che ci rimane più impressa.


Alla fine, dopo averla inutilmente cercata dappertutto, abbiamo trovato anche la Regina del Museo: la stele di Rosetta. Era lì al piano terra, ma, coperta dalla folla, l'avevamo clamorosamente mancata.
Il colore della pietra assieme alla stranezza delle scritte nei tre alfabeti, hanno un che di extraterrestre che ti lascia quasi senza fiato. 
Un bel colpo di grazia, in giornate come questa, dove di fiato ne rimane veramente poco... 



P.S.: come ho detto, non ho modo di scaricare le foto fatte con la Canon e, siccome, babbo natale l'ho fotografato solo con quella, pur di farvelo vedere ve l'ho spiattellato da una fotografia fatta con l'iPhone al visore della reflex.

P.S.2:il titolo del post (per i giovani che non lo possono sapere) scimmiotta l'incipit di una canzone degli anni '60 cantata da un ben presto dimenticato Gianni Meccia.