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giovedì 14 luglio 2016

L'Ottocento senza futuro

“DOPO GIUNTO MIA STAZIONE TRENO 1018 CHIEDO INVIARE TRENO 1023”.

Chissà se il capostazione di Andria ha usato il telefono di servizio,  un SMS, Whatsapp o Snapchat  per inviare al capostazione di Corato il dispaccio ottocentesco previsto dal RCT (Regolamento Circolazione Treni) nel caso di circolazione con Blocco Telefonico.

Chissà se, il capostazione di Corato (o viceversa,  questa non è una ricostruzione per la Commissione di Inchiesta delle Ferrovie né, tanto meno, per la Magistratura) ha alzato quella cornetta, così pesa di secoli,  e ha risposto “VIA LIBERA TRENO 1023”  o se era distratto da apparati più moderni, ma per niente utili in questo caso, ad evitare che 25 persone morissero come sono morte pochi minuti dopo.

Chissà se i due hanno alzato assieme lo sguardo da quegli aggeggi ed il culo da quelle sedie e compiuto il  gesto antico e rispettoso di inserire la chiave di sblocco del segnale  nell’ottocentesco apparato dopo che il deviatore aveva sollevato pendolando a forza il “macaco”  (quell’arcaico contrappeso che posiziona lo scambio nella giusta posizione) o se invece era già tutto pronto così,  per superficiale comodità,  apatica consuetudine di sequenze ormai centenarie come le regole che le dovrebbero scandire.

Chissà se, adagiati nell’abitudine quotidiana intervallata dai numeri pari e dispari dei convogli, hanno interpretato tutte le figure dell'antico balletto o hanno semplicemente dato per scontato che ad Andria si aspettasse l’arrivo del pari per giocarsi le vite sul dispari.

Fatto sta che, oggi, venticinque sfortunati che avevano - loro sì - tutto il diritto di distrarsi digitando sul telefonino o parlando col vicino,  di abbracciare la mamma per avvolgere, nella dolcezza, il dondolio della carrozza  o di sonnecchiare cullati dallo stesso rollio,  oggi, questi venticinque innocenti, non ci sono più.

Stritolati da una curva che ha impedito qualsiasi reazione ai due macchinisti.

Due poveracci (loro, forse si) che hanno obbedito all’ordine di una paletta verde magari nemmeno alzata - anche questo per consuetudine consolidata - e non si sono nemmeno chiesti perché partivano senza aver visto prima arrivare il solito treno che tutti i giorni entrava in stazione poco prima della loro partenza.

Sarebbe davvero normale che si capisse in fretta come è andata e che ci venisse raccontato bene tutto quanto, senza barbari accanimenti, ma anche senza inutili poesie contro regolamenti arcaici che, se rispettati, hanno fatto viaggiare miliardi di persone per centinaia di anni.

Il mio pianto, inutile e distante e quello più profondo ed inconsolabile dei parenti è offeso dalla superficialità che ha portato a tutto questo, anche questa purtroppo diventata abitudine consolidata, e dal sapore amaro e fortissimo del contrasto tra la modernità delle stesse carrozze accartocciate in quella maledetta curva, tra il fascino moderno di quei telefonini forse causa di distrazioni imperdonabili,  finanche tra la rapidità ed efficienza dei soccorsi,  tra la corsa alla solidarietà di una terra meravigliosa come la Puglia ed un regolamento ottocentesco che richiede, per forza, un amore per la disciplina ed un rispetto delle regole che non fa più parte delle cultura degli smartphone.

Non consola pensare che forse è peggio quell’imbecille di Schettino che si “inchina”  - anche lui in barba ad ogni regola - e, comodamente sistemato in banchina, osserva morire 35 persone, rispetto a quei due (certamente più) poveracci che hanno pensato fosse stupido fingere di essere nell’Ottocento quando in mano hai un oggetto che ti fa vivere nel futuro.

Il fatto è che loro erano pagati (magari poco, o non abbastanza e di sicuro meno dell’imbecille) proprio per vivere senza quel futuro che invece hanno tolto, purtroppo per sempre, a quelle venticinque (e forse più) anime.

Ecco, io non riesco a prendermela con i regolamenti ottocenteschi. Abbiamo migliaia di orpelli simili che ci condizionano la vita di tuti i giorni. E se sono necessari o inevitabili e siamo costretti (o pagati) per osservarli, l’unico modo per evitarli (quando esiste)  è cambiare strada o mestiere.

Io me la prendo, ed il pianto non mi consola, con chi pensa che le regole siano fatte per essere, nel migliore dei casi, sottovalutate.  
Per leggerezza, abitudine, superficialità, poco importa.
Qualunque sia la ragione, diventa, senza scampo, imperdonabile quando, a quelle regole, sono appesi i sogni di futuro anche di una sola persona.




P.S.: lo so, potrebbe essere andata in modo completamente diverso.  E la mia  è , per certo, una ricostruzione interamente arbitraria e personale. Ma, quando avevo 23 anni ed una capacità di apprendimento almeno il doppio di quella di oggi, mi sono messo bene in testa, assieme alle Varietà di Riemann ed alle equazioni del campo gravitazionale richieste per superare il mio esame di Relatività Generale, anche le più ordinarie regole ottocentesche del Regolamento Circolazione Treni necessarie per passare l’esame di Movimento ed ottenere l’abilitazione a fare il capostazione.
Ricordo, tutt'ora, nonostante l'età,  che  guardavo le due materie con lo stesso referente rispetto.
Consapevole anche che, se con le equazioni della Relatività Generale magari capivamo bene perché il gemello che viaggia invecchia meno di quello che sta fermo, con le regole del RCT  quello stesso gemello poteva esser sicuro di non morire viaggiando. 
Ecco perché questa storia mi ha colpito così tanto.

P.S..2 : Cercando il numero e l’orario dei treni in quella fascia sul sito internet delle Ferrovie del Nord Barese ho visto che , secondo l’orario stesso,  il treno proveniente da Corato arriva ad Andria un minuto dopo la partenza del treno che da Andria viaggia verso Corato.
Ora, mi chiedo come ciò sia possibile se, come tragicamente sappiamo essere vero,  tra le due stazioni c’è un solo binario. 
Forse non è così per tutto il tratto, o forse sarà solo un errore del sito. 
Un semplice, superficiale, errore. 
Esattamente come quello che ha generato questa inconsolabile tragedia.



















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