Basta pesare il cesto intero di zucchine, inserirlo nel conto e poi dartene solo cinque ed il gioco, anzi la mini-truffa è fatta.
E' quello che, in buona fede o no non mi interessa, mi è successo a "L'orto di casa tua", in Via Ponte Vetero a Milano.
Non ho voglia di questionare direttamente, ed opto per una vendetta "social". Fotografo il negozio e lo posto su Istagram, Facebook e Twitter, impestandolo di tag squalificanti, come #ladriamilano o #negozidaevitare. Magari prima o poi qualcuno casca dentro l'hashtag e legge, così evita di andarci. Io, di sicuro, non ci torno più.
Ad ogni modo, per cancellare la delusione - ché rabbia non è stata - del poco fortunato incontro con l'orefice travestito da fruttivendolo e per riconciliarmi con il bello di Milano, che non ho voglia di passare per un vecchio brontolone, ho deciso di avventurarmi verso Piazza Duomo dove si tiene il concertone gratuito di Radio Italia.
Una folla di ragazze e di ragazzi in t-shirt e brachette corte, si snoda fino all'inizio della Galleria, quasi in Piazza Scala, popolata invece da un parterre di abiti lunghi e smoking in pausa fumo.
Quando arrivo nei pressi di Piazza Duomo, i maxi schermi trasmettono le frizzanti immagini di Cesare Cremonini che canta travolgente il suo amore per il finale.
Cerco il cornetto Algida nelle mani dei ragazzi vicino a me, ma trovo solo miriadi di smartphone che registrano, ondeggiando al ritmo giusto, le note di questo tormentone estivo.
È bello sentire l'eco poderosa di questi ragazzi così felici, quando il cantante rivolge loro il microfono lasciandoli urlare le strofe finali.
L'aria è calda e profumata (non vorrei fare di ogni erba un fascio, ma...) e mi lascio andare anch'io al fragoroso applauso alla fine della canzone.
Quando arriva l'ultima cantante, Gianna Nannini, il pubblico esplode.
La sua cover di "Lontano dagli occhi", elettrizza l'atmosfera colorando di moderno i colori un po' polaroid anzi, grigi e tristi, del Sergio Endrigo originale (1969...)
Al ritornello, le mille voci giovanili quasi coprono i diecimila watt dell'impianto di amplificazione.
Un effetto coinvolgente.
Mi fa sorridere il contrasto con l'immagine dell'introversa sfiga che il povero Endrigo impersonava anche all'apice del suo successo.
Ma, probabilmente, qui nessuno lo conosce e non lo sa, mentre tutti sanno le parole e le urlano gioiosi a squarciagola.
Un po' diversa la reazione alla canzone successiva.
Ancor più vecchia (1967) e di un cantautore che, magari non chiamava sfiga, ma non era di sicuro un beniamino da rotocalco.
La canzone è "Dio è morto", l'autore, il "mio" Francesco Guccini.
A me non piace sentirlo cantato da altri. Nemmeno cantato dai Nomadi riuscivo ad ascoltarlo.
Sopporto quindi in silenzio lo scempio di questa canzone che poi non mi piace neanche tanto (forse perché era contenuta nei libretti appoggiati sui banchi della chiesa ai tempi delle messe beat negli anni '70).
Non è un gran successo neanche tra il pubblico. La reazione al ritornello non è di sostegno come prima. Anzi. In pochi urlano qualcosa che, più che Dio è morto, mi sembra proprio qualcos'altro. Anzi, non sembra, lo è.
Mi viene in mente il racconto di qualche amico che mi diceva che al giuramento, al momento di gridare "lo giuro", il vero ribelle dichiarava invece, urlando, tutta la sua virilità.
Uno sketch che mi riconcilia col melone un po' andato e le pesche tutte ammaccate del mio #perdutopersempreexamicoorefice.
Al ritornello, le mille voci giovanili quasi coprono i diecimila watt dell'impianto di amplificazione.
Un effetto coinvolgente.
Mi fa sorridere il contrasto con l'immagine dell'introversa sfiga che il povero Endrigo impersonava anche all'apice del suo successo.
Ma, probabilmente, qui nessuno lo conosce e non lo sa, mentre tutti sanno le parole e le urlano gioiosi a squarciagola.
Un po' diversa la reazione alla canzone successiva.
Ancor più vecchia (1967) e di un cantautore che, magari non chiamava sfiga, ma non era di sicuro un beniamino da rotocalco.
La canzone è "Dio è morto", l'autore, il "mio" Francesco Guccini.
A me non piace sentirlo cantato da altri. Nemmeno cantato dai Nomadi riuscivo ad ascoltarlo.
Sopporto quindi in silenzio lo scempio di questa canzone che poi non mi piace neanche tanto (forse perché era contenuta nei libretti appoggiati sui banchi della chiesa ai tempi delle messe beat negli anni '70).
Non è un gran successo neanche tra il pubblico. La reazione al ritornello non è di sostegno come prima. Anzi. In pochi urlano qualcosa che, più che Dio è morto, mi sembra proprio qualcos'altro. Anzi, non sembra, lo è.
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Uno sketch che mi riconcilia col melone un po' andato e le pesche tutte ammaccate del mio #perdutopersempreexamicoorefice.
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