Translate

lunedì 9 maggio 2016

Il nipote "avvelenato"


Capita di domenica.

Nel giorno dedicato alla Festa della Mamma, adagiata pigramente sulla distesa ancora verde di un grano punteggiato di rosso papavero, una luce un po’ indecisa illumina l’arrivo alla casa dove la mia mamma sfiorisce, giorno dopo giorno, con la dignità delle persone umili e buone.

Non sono solo oggi, perché la Vale si è offerta di accompagnarmi.



Mi affianca, sensibile e comprensiva, in questi miei momenti di dolcezza straziati dalla ferocia di una malattia che ha ormai piegato in forme quasi indecifrabili le parole della mia mamma, senza però riuscire a cancellare la sua capacità di trasmettere l’amore per la vita e per le cose semplici.

Semplici, come afferrare e trattenere la mano di Valentina, scambiata per la madre…, o passeggiare giù nel parco con i suoi  passi di carta velina, felice di respirare un’aria diversa sorridendo alle grida dei bambini che le giocano vicino.
O come portare alla bocca la sua pasta preferita, quella torta italiana che, un morso dice che è buona e un morso no, ma sempre la cerca.

Accantonata, mestamente, l’iniziale intenzione di arrivare sin qui in moto - dato che Heidi (la mia HD 883) non ha voluto giustamente saperne di accendersi dopo mesi di inattività - ne abbiamo approfittato per spararci a tutto volume in auto il meglio (e il peggio) dell’iPhone della Vale.

Ed è così che mi imbatto in un rapper la cui canzone mi incuriosisce prima e mi appassiona poi.

L’arpeggio iniziale con la chitarra, un po’ lento e trascinato dalle voci in sottofondo, mi trasporta in una dimensione un po’ malinconica.

Le parole sincopate, invece, singhiozzano violente sibilando la metafora di una vita fatta di ipocrisie e ribellioni, di fughe e sottomissioni.

Mi colpiscono con la forza di un’emozione che arriva dal bagliore delle immagini evocate più che dal loro puro significato.

La stessa forza che mi colpiva da ragazzo (e lo fa ancora adesso) quando ascoltavo le canzoni di Guccini ed il fatto che i contadini fossero curvi, e non Curdi come capivo io, non cambiava lo scossone nell’ascoltare La Locomotiva (è solo uno dei tanti esempi in cui il vero significato era nell’immagine e non in ciò che capivo).

La stesso senso di rottura e di voler cambiare, la stessa voglia di essere fuori dal coro che ascoltavo, alla stessa età che ha la Vale ora, nelle Canzoni di Notte (la numero 2 in particolare) o nella semiseria Avvelenata.

Allora ho pensato che, elogio alle canne a parte (che, a sentire lui non l’avrebbe fatto mai, anche se, ad onor del vero, ha sempre degnamente sostituito l’elogio alla canna con quello al vino) se il rap fosse stato famoso come Bob Dylan, 40 anni fa, Guccini, il cantastorie, il giocoliere di parole, il poeta (in fin dei conti) invece che sugli arpeggi in fingerpicking della Deborah Kooperman, avrebbe potuto scandire il suo “non morrò pecora nera” sui ritmi sincopati di un rap.

Ed io, sicuramente, sarei stato lì, allora, come la Vale, ora, ad ascoltarlo.

Forse, difficilmente avrei potuto condividere uno schiamazzo in auto con i miei genitori (né, tanto meno, con un pseudo-parente quale posso essere io per lei) e non solo per la mancanza di un’autoradio. Non ci ho mai provato e purtroppo non posso dire se avrei scatenato in loro le stesse emozioni che ho provato io oggi.
O se avrebbero pensato, come ho pensato io, che alla loro età si ascoltavano canzoni con più futuro e meno livore.
Perché il solo sapore amaro, in questo ardito parallelo musicale, non arriva dal linguaggio rabbioso, ma dal rifiuto di ogni speranza.

Una mancanza di sogno che sembra senza scampo, definitiva, come il tappeto di tatuaggi che (probabilmente) ricopre il corpo di questo rapper.

O forse, come spero,  è solo l’effetto che fa su di me, che ho la mia età, e la Vale ci legge invece un milione di belle promesse.

Comunque sia, grazie Vale, per avermi accompagnato in questa luce (che ci ha anche permesso di farci delle risate alla ricerca di qualche foto profilo…)







E grazie, anche, per avermi presentato Mezzosangue e la sua "Circus".


Più tardi, scarico il suo disco da iTunes e lo metto idealmente a fianco dei miei 33 giri di Guccini.

Nessun commento:

Posta un commento